Tecnica Vocale e Sala Prove

A quanti sarà successo di studiare tecnica vocale, cercare di applicare tutti quei principi tecnici imparati e poi ritrovarsi in sala prove con una band, sentir poco o niente della propria voce e uscire dopo due ore con la voce stanca perché si è “spinto troppo” ???
Questo è un problema ricorrente in cui prima o poi un cantante si imbatte, vi racconto la mia esperienza:

Questo è stato uno dei motivi principali che mi ha fatto approfondire tutto il lato tecnologico relativo alla voce.
Tanti anni fa, studiando tecnica vocale (seguendo anche corsi di metodi diversi, alla ricerca di una soluzione) non riuscivo mai a superare lo scoglio del non forzare la voce cantando, sia in sala prove che, spesso ancor peggio, nei live.
Immaginate quale possa essere stata la mia frustrazione che, dopo tanto lavoro su me stesso, non riuscivo a far le stesse cose di quando studiavo.
La prima cosa che mi venne in mente fu una causa relativa alla mia sensibilità, pensavo di avere ansia, paura di sbagliare, maggiore tensione e che il mio strumento voce non fosse abbastanza maturo, eppure “a casa mi veniva”!
Provai a cercare di controllare questo aspetto, diventai più tranquillo, ma ancora una volta puntualmente dopo poco uscivo affaticato e sentivo che la voce non era libera come sempre, come se in quei momenti mi mancasse qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa fosse.
La principale sensazione era sempre quella di dover “spingere di più” per fare le cose, tante volte in molte parti la voce non si sentiva e io appunto “spingevo” per supplire a questa mancanza.
Imparai ad usare il mio registro misto, chiaramente a casa mi veniva, ma live non suonava quindi sforzavo per raggiungere note che avrei potuto cantare in modo più economico e in tutto questo fare, che è andato avanti qualche anno (si lo so che non sono stato così veloce nel comprendere) non ricordo bene come mai, ma mi venne in mente che cambiando strumentazione cambiava il risultato e che c’erano veramente tanti prodotti sul mercato diversi tra loro con tante variabili che non avevo mai considerato.
Da quel momento in poi non ho più considerato il microfono un soprammobile (e ci sono voluti altri anni per capire che il microfono è solo l’inizio della catena del percorso audio) e ho iniziato a capire come poter far “suonare” la mia voce anche fuori della mia stanza dove studiavo, così partì un percorso di ricerca e studio che continua ancora oggi e che forse non avrà mai fine.



Sono sicuro che tanti di voi si ritroveranno nel mio racconto e dalla mia esperienza prendo spunto per parlare di quei momenti in cui stiamo provando con la band, il chitarrista pensa di essere a Wembley, il batterista sembra amplificato pur non essendolo, il bassista fa tremare il terreno e se c’è il tastierista suona forte pure lui altrimenti non lo sentono e noi magari ci sentiamo dire “non ti si sente, canta più forte” e se alziamo il volume inneschiamo un larsen, il classico “fischio” che sentiamo se siamo troppo alti col volume del microfono e troppo vicini all’impianto audio!

Per la nostra sopravvivenza e per la coerenza con lo studio, altrimenti non serve davvero a niente studiare tecnica vocale se poi quando cantiamo non possiamo mettere in pratica quello che abbiamo imparato, dobbiamo cercare di sensibilizzare i musicisti a questo problema perché la gestione del volume è molto importante.
La comunicazione tra noi cantanti, i musicisti (lo siamo anche noi in teoria eheh) e i fonici (quando ci sono) è il primo passo per migliorare una situazione ormai stagnante da troppo tempo.
In certi ambienti è veramente difficile riuscire a far un buon mixaggio, ma se non esageriamo con i volumi degli strumenti possiamo trovare un buon equilibrio.
Le sale prova spesso non sono di grandi dimensioni e lo spazio non può gestire lo stesso volume che c’è su un palco di media grandezza.
Chiaramente quando capiamo questo concetto poi abbiamo anche noi cantanti la nostra responsabilità nell’imparare a gestire il microfono e la nostra strumentazione.
Bisogna studiare questi aspetti per far crescere le nostre conoscenze e dobbiamo migliorare il nostro ascolto, troppo viziato da un “semplice” ascolto naturale, che superata una prima fase di apprendimento, non ci consente di capire come sia il suono della nostra voce amplificata, considerando che appunto, come ho già detto, cambiando strumentazione può cambiare radicalmente il suono e questo può essere sia un bene che un male!

Chiaramente in contesti musicali di ottimo livello magari non avremo mai problemi di sforzo legato alla mal acustica, ma senza imparare a far bene la nostra parte non supereremo per davvero i nostri limiti semplicemente perchè un fonico per quanto bravo non è un cantante e anche se lo fosse non ha la nostra voce, perchè ognuno di noi è unico e deve conoscere la sua unicità!
Consiglio invece a tutti coloro che hanno la fortuna di poter interagire dinamicamente con un fonico di “fare squadra” andando insieme a trovare il massimo che possiamo raggiungere in base alla situazione in cui siamo, spesso non ci pensiamo ma se il fonico fosse un componente della band, conoscerebbe quello che facciamo per filo e per segno, quindi potrebbe essere una figura interessante da inserire all’interno, anche in quei contesti più amatoriali, perchè è da li che si parte quando si inizia a studiare.
Spero che questi consigli possano dare degli spunti di riflessione per tutti coloro che vivono giornalmente queste problematiche e soprattutto sono molto curioso di conoscere le vostre esperienze, fatemi sapere!